Chiacchiere in banchina con Mattias Arcangeli

Nel 1996 conquista prima il titolo di Campione Italiano di pesca al tonno in drifting e poi alle Azzorre diventa, a soli 24 anni, il più giovane Campione Mondiale di pesca d’altura. Nel 2015 ritorna sul gradino più alto del podio, vincendo il titolo italiano e nel 2016 riceve il riconoscimento per meriti sportivi dal Coni.

Questo è solo una parte del palmares di Mattias Arcangeli, pescatore sportivo professionista.

Mattias però è anche un imprenditore che insieme alla sorella Giulia gestisce un ristorante, legato alla cucina tradizionale romagnola, nel podere che nonno Libero acquistò dopo la seconda guerra mondiale, dopo aver messo da parte qualche soldino grazie alla sua impresa edile.

Ed è proprio nonno Libero, al quale Mattias assomiglia tanto, ad iniziarlo a quella passione per il mare e per la pesca che ancora oggi è parte integrante della sua vita.

Sono tanti anni che vai in mare a pescare?

La prima volta avevo solo 5 anni, quindi sono ben 41 anni.

Quindi ricordi il tuo battesimo del mare?

Si, certo. E’ stato mio nonno a portarmi in barca per la prima volta. Eravamo con il suo peschereccino di 11 metri, con il quale pescava ancora con le reti, ed ho iniziato ad avere il mal di mare ancor prima di uscire dal porto. Questo è il mio primo ricordo in barca e da quel giorno mio nonno non è più uscito in mare senza di me, anche se io continuavo a chiedergli di pescare con la canna e non con le reti. Con il tempo poi siamo passati alle prime togne per gli sgombri che ovviamente non funzionavano per i tonni. Quando, intorno agli anni ’80, ho acquistato l’attrezzatura giusta e ho pescato il primo tonno alla prima uscita, ho iniziato a dedicarmi alla pesca sportiva.

Il tuo palmares sportivo è ricco di premi? Qual è stato il più bello e quale il più sofferto?

Sicuramente il Campionato Italiano del 2015 a Porto Barricata, alle foci del Po, è stato il più bello, ma anche il più sofferto. In queste gare si è in mare con i migliori e l’agonismo è molto forte, anche perché ci conosciamo tutti. Gli avversari sono persone di cui conosci le tecniche e le caratteristiche di pesca, e così scatta anche una rivalsa personale. Sì, nel 2015 è stato un campionato veramente impegnativo anche perché fino all’ultimo pesce non sapevamo con certezza di aver ottenuto il miglior piazzamento. Le gare sono a rilascio quindi fino a quando non vengono rivisti i filmati non si può mai essere sicuri, e noi abbiamo vinto veramente per pochissimo. Il livello dei professionisti infatti è molto alto in queste manifestazioni.

E il Campionato Mondiale?

Era il 1996 ed ero un ragazzino, quindi non me lo sono goduto fino in fondo; a bordo mi consideravano ancora un “boccia”. Certo, essere il più giovane a vincere il titolo di campione mondiale è stata una bellissima soddisfazione, che ovviamente apprezzo di più oggi.

Pescare per te è più un hobby o un modo di vivere il mare?

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Sicuramente è un modo per vivere il mare, ma è soprattutto un modo di vivere la mia vita (ride). La pesca è la mia passione, una passione viscerale e quindi tutto ruota intorno a questo. Oggi il mare è anche il luogo in cui posso lasciarmi alle spalle i problemi, staccare la spina e vivere questo mondo che è meraviglioso, diventando così anche il mio modo di essere più vero.

Cosa ti ha insegnato la pesca?

Beh, prima di tutto la pazienza, e a differenza di quanto si possa pensare, la pesca ti insegna il rispetto prima per la natura e poi per le persone. Quando sei in una gara è importante infatti instaurare un buon gioco di squadra per riuscire ad ottenere buoni risultati.

Dopo tanti anni in questo settore pensi che ci sia un nuovo avvicinamento dei giovani allo sport della pesca d’altura?

Sì, ho notato un maggiore interesse e molti giovani hanno iniziato a comprare la barca in società, oppure entrano nel circuito attraverso amici pescatori o addirittura grazie al padre o al nonno, proprio come è successo a me.

Il cambiamento climatico ha modificato lo stato dei nostri mari in fatto di quantità e varietà di pesce?

Assolutamente sì. Abbiamo spesso incontrato delle specie di pesci che non erano tipiche di quel tratto di mare, ma di zone più calde e di conseguenza ci sono state molte migrazioni di pesci in zone più fredde. Situazione questa che si nota già da tanti anni, non è un fatto recente. Per certe specie invece il cambiamento o addirittura la scomparsa totale in determinati tratti, era dipeso da una pesca troppo intensiva e oggi, grazie ad una regolamentazione più attenta, si è tornati a numeri più accettabili e ad un progressivo ripopolamento in molte zone.

C’è una gara alla quale vorresti partecipare, una di quelle che ti gira in mente come “prima o poi ci vado”?

Certo, è il “Brisbee’s” a Cabo San Lucas, in Messico. È la gara di pesca più bella del mondo: ci sono oltre 150 barche, dove la più piccola è un 15 metri, e si pescano Marlin e tonni in uno scenario veramente unico per chi è innamorato della pesca d’altura. È come partecipare alla regina delle gare di pesca, in tipico stile americano.

A bordo di Rockn’Reel, la barca di Mattias, un Pursuit 34 Express, lui sembra veramente a suo agio e questa chiacchierata si trasforma in una sorta di lezione su come ci si muove durante le gare, sulle tecniche di pesca, sulle attrezzature di ultima generazione e di quanti pesci strani gli è capitato di imbattersi durante le uscite in mare. Mattias è un uomo di poche parole ma è assolutamente incredibile come il suo tono di voce cambi quando parla del mare e della sua passione per la pesca.

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Scritto da
Laura Doria
Laura Doria
Mi chiamo Laura Doria e sono nata al mare, quindi raccontare storie ed incontrare i personaggi del mondo della nautica è qualcosa di naturale per me. Perché è sempre un grande privilegio scrivere della passione che punta la prua verso i grandi orizzonti blu.

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