Come si orientavano in mare nell’antichità?

È sempre interessante leggere le storie che descrivono le navigazioni nell’antichità, oppure guardare film o serie televisive che riportano le gesta, le avventure e le sventure di chi in passato ha provato a seguire nuove rotte, spingendo sempre più in là il limite del possibile. In molti per esempio hanno guardato la serie tv Vikings, che narra tra le altre cose le prime navigazioni dei vichinghi che, dalle coste scandinave, riuscirono a portarsi verso la Gran Bretagna e quindi verso la Francia. Per riuscire in tale impresa, i norreni usavano le spartane bussole nautiche, arrivati fino in Nord Europa grazie a dei mercanti orientali. Ma la storia della navigazione inizia ben prima delle scorribande vichinghe in acque inglesi, nel 793. Come facevano secoli e millenni fa a decidere la rotta? Come si orientavano in mare nell’antichità? Vediamo quali sono stati i primi antichi strumenti per orientarsi in mare.

I navigatori del passato

Oggi a nostra disposizione ci sono i più diversi strumenti per orientarsi in mare. Pensiamo al GPS nautico, al chartplotter, alle carte nautiche digitali e dettagliate, nonché ovviamente alle moderne bussole per barca. Un tempo non c’era nulla di tutto questo. Eppure 3.000 anni fa, in un mondo estremamente meno tecnologico rispetto a quello in cui viviamo, i fenici riuscivano a salpare da quello che oggi è il Libano per portare le loro merci non solo in Africa settentrionale, ma persino in Europa, attraversando il Mediterraneo. E ancora, 2.400 anni fa il greco Pitea riuscì ad arrivare fino all’Islanda, circumnavigando l’odierna Gran Bretagna. Ancora più audaci e avanzati erano peraltro i navigatori orientali: cinesi e arabi riuscirono infatti ad attraversare l’Oceano Indiano ben prima degli europei. E in effetti gli stessi esploratori europei, nell’epoca delle grandiose spedizioni, si affidarono non solo agli antichi strumenti per orientarsi in mare provenienti dall’Oriente, quanto anche agli stessi navigatori orientali. Al fianco di Vasco de Gama nel suo viaggio verso l’India intorno all’Africa c’era infatti l’arabo Ibn Majid. Il tutto senza computer di bordo, senza motori, senza scafi in vetroresina, senza Vhf. Vediamo quindi come si orientavano in mare nell’antichità, a partire dagli strumenti utilizzati.

Gli antichi strumenti per orientarsi in mare: quando arrivò la bussola?

Quando si pensa ai più basilari strumenti per orientarsi in mare, il pensiero non può che andare prima di tutto alla bussola. Questa però fu introdotta in Europa molto tardi, non prima del XII secolo, quando gli amalfitani ne entrarono in possesso attraverso degli scambi con gli arabi. A mettere a punto questo strumento furono i cinesi, i quali però per lungo tempo non lo utilizzarono per navigare, quanto invece come oggetto curioso in vari spettacoli d’attrazione. Insomma, Cristoforo Colombo aveva a bordo una bussola, cosa che però non potevano vantare i tanti navigatori europei nei secoli precedenti al dodicesimo. Prima ancora della bussola, però, erano stati inventati diversi altri antichi strumenti per orientarsi in mare, capaci di rispondere di volta in volta a domande differenti.
L’unica informazione “data” a disposizione di un navigatore era di fatto il punto di partenza. Tutto il resto – rotta, direzione, velocità – doveva essere ricavato in modo tutt’altro che facile, usando tecniche e strumenti di vario tipo.

Il solcometro, strumento di navigazione antico

Per calcolare la posizione di una barca durante la navigazione era fondamentale capire pressappoco la sua velocità di avanzamento, così da ricavare – partendo dal punto di partenza o da altri punti noti – la probabile posizione della barca in mare aperto. Tra i primissimi metodi usati vi fu quello di gettare un oggetto galleggiante a prua, per vedere poi quanto tempo avrebbe impiegato questo per raggiungere la poppa. Poi arrivò il solcometro, uno strumento che permetteva di calcolare la velocità di avanzamento in modo leggermente più preciso e più comodo. Come abbiamo visto nell’articolo in cui parliamo della storia del solcometro, si trattava di un triangolo di legno al quale veniva fissata una sagola con dei nodi equidistanti. La tavoletta veniva quindi filata a poppa, per poi vedere quanti nodi “correvano” in un dato periodi di tempo. È proprio dall’uso di questo strumento che abbiamo ereditato il concetto di “nodo” per misurare la velocità di una barca. Ma di certo sapere quanto veloci si stava navigando non era sufficiente per capire in modo certo dove si trovava la barca in mare. Erano necessari quindi altri sturmenti, altri metodi, altre conoscenze.

Da non perdere:   Cani in barca: ecco cosa fare

Le carte nautiche e le annotazioni quotidiane

I naviganti dell’antichità potevano fare affidamento su delle carte nautiche, le quali venivano migliorate di viaggio in viaggio, man a mano che si esploravano nuove porzioni di costa, di mare e di oceano. Ecco allora che i navigatori ogni giorno prendevano nota della rotta tenuta, dei punti raggiunti e delle correzioni effettuate per riprendere la rotta desiderata, in seguito magari a scostamenti dettati dal vento o dalle correnti. Si navigava quindi per lunghi tratti “al buio”, raccogliendo tutte le informazioni possibili per una navigazione stimata quanto più corretta possibile.

Gli antichi strumenti per orientarsi in mare: l’aiuto delle stelle

Sappiamo tutti che, tra gli antichi strumenti per orientarsi in mare, c’erano anche e soprattutto le stelle. Per orientarsi in mare aperto, un navigatore doveva assolutamente conoscere la disposizione del cielo stellato, per capire la direzione da prendere nonché la posizione di massima della barca. Alcune informazioni basilari erano di facile lettura, conoscendo per esempio il tragitto del Sole nel cielo, individuando così facilmente i punti cardinali. Non è tutto qui: controllando la posizione del Sole all’alba, i naviganti potevano confrontarla con quella delle stelle degli ultimi istanti della notte, per avere ulteriori informazioni sulla propria posizione. Di notte i punti di riferimento erano ancora maggiori, grazie alla Stella Polare, alla Croce del Sud e alla posizione di altre stelle note. Insomma, di fronte a un cielo sereno era effettivamente possibile poter fare affidamento su diversi punti di riferimento per mantenere e correggere la rotta. L’astrolabio, messo a punto da Teone di Alessandria nel IV secolo, venne introdotto in Europa solamente nell’Xi secolo.

navigare nell'antichità strumenti

Navigare nell’antichità: il ruolo del calendario

Anche il calendario rientra di fatto nel gruppo degli antichi strumenti per orientarsi in mare. A influenzare le rotte, la velocità di avanzamento e quindi il tempo di navigazione c’è ovviamente anche il vento, il quale varia di giorno in giorno, di luogo in luogo, nonché di periodo in periodo. Per navigare su lunghe tratte era necessario conoscere i venti dominanti, per sapere in anticipo dove si avrebbe avuto vento in poppa, e dove invece si sarebbero incontrati probabili venti di prua. Ma in molti casi era necessario guardare al calendario, sapendo per esempio che i monsoni cambiano direzione stagionalmente, cambiando in modo drastico i tempi necessari per percorrere una tratta. Ecco che allora tutte le navi europee dirette a Est, per raggiungere l’India, dovevano programmare il viaggio a inizio estate, per non ritrovarsi ad affrontare venti opposti; per muoversi dall’India verso Occidente, al contrario, era necessario salpare sul finire della stagione autunnale.

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.
  1. Complimenti per la sua passione.
    “…..L’unica informazione “data” a disposizione di un navigatore era di fatto il punto di partenza. Tutto il resto – rotta, direzione, velocità – doveva essere ricavato in modo tutt’altro che facile, usando tecniche e strumenti di vario tipo….”.
    Su questa frase del testo sono d’accordo se consideriamo che la parola rotta avesse senso solo dal 1635 quando Luigi XIII ordinò alle sue navi di lasciare a terra il globo terrestre e di usare la carta di Mercatore. I naviganti cominciarono ad usare questa carta solo nel Settecento con le rotta quadrantali quando i meridiani di riferimento Parigi e Greenwich ( con associato il meridiano dell’isola Hierro, Canarie) divennero astronomicamente attendibili rispetto al “punto di partenza”.
    Il resto del testo privo di date non riesco a seguirlo.
    A bordo la bussola ha incominciato ad essere utile dopo l’introduzione della sospensione cardanica; è diventata affidabile a metà Settecento (nell’Ottocento non per le navi in ferro).
    La Polare e la Croce del Sud davano il meridiano della nave per un solo istante durante la notte.
    Ecc.

    • Buongiorno Giorgio, grazie per il suo commento. Abbiamo voluto proporre un’introduzione agli Antichi strumenti per orientarsi in mare, senza appesantire eccessivamente il testo con troppi riferimenti storici, e senza rischiare di andare troppo al di là delle nostre competenze. La ringraziamo per le sue preziose precisazioni!

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