Chiacchiere in banchina con Andrea Iacopini

“…ti auguro di trovare la straordinarietà della vita ogni giorno, come l’alba in mare.
Bon route.
Andrea.”

E’ la dedica di Andrea Iacopini sul suo libro Il Mare degli uomini – Ed. Mursia, e noi l’abbiamo incontrato per scoprire la straordinaria storia della sua Mini Transat.

Romano, classe 1978, padre di due bambini, marito di Axelle, velista.

Ed è proprio la vela, che scopre solo dopo i vent’anni, a cambiare la sua vita.

Andrea è uno dei sette italiani presenti sulla linea di partenza della Mini Transat del 2013, la regata oceanica in solitario che dalla Francia arriva ai Caraibi con un unico scalo alle Canarie, dedicata a piccole barche di soli 6 metri e 50, dove sono vietati i contatti a terra e senza tecnologie a bordo.

L’edizione del 2013 però entrerà nella leggenda.

Un meteo “masculin”, come dicono i francesi, con forti e ripetute depressioni sul Golfo di Biscaglia, porta ad una serie di estenuanti ritardi alla partenza.
Quando finalmente si mollano gli ormeggi dalla cittadina di Douarnenez, in mezzo a Biscaglia arriva un “fermi tutti” con successivo stop a Sada (Spagna).
Tutto da rifare.
L’organizzazione è costretta ad annullare tutto e ridare una nuova partenza dalla cittadina spagnola con rotta diretta verso Guadalupe, cancellando lo scalo alle Canarie.
3600 miglia tutte d’un fiato.

Andrea è l’armatore di Umpa Lumpa, un Pogo 2, e si trova quindi coinvolto in un marasma di emozioni e colpi di scena ma con una gran voglia di mollare gli ormeggi e puntare la prua verso ovest, verso la sua prima volta nel grande blu, e condivide tutto questo non solo con gli altri 6 italiani in gara, ma anche con un gran numero di persone che incontra durante tutta la campagna Mini Transat.

Ma la sua regata si ferma il 10 dicembre, a causa di una collisione con un bidone semi galleggiante.
Umpa Lumpa ha una falla e Andrea deve abbandonare la barca in Oceano Atlantico, a soli 370 miglia dall’arrivo a Guadalupa dopo averne percorse oltre 3000, per essere poi recuperato da una delle barche appoggio e dove incontra Axelle.

Ma non è una fine, è solo l’inizio di un’altra avventura.

Andrea, sono passati 5 anni da quella Mini Transat. Come è cambiata la tua vita?

(Sorride.) Quella Mini Transat ha cambiato profondamente la mia vita. Qualcuno disse che esiste un prima e un dopo ad una Mini Transat. E’ assolutamente vero. Mia moglie Axelle, i miei figli, sono frutto di quella regata.

Douarnenez 2013 – Il pontile dedicato ai Mini 6.50

Nel libro hai scritto che tuo figlio Ezio è un bimbo che arriva dal mare. Lo hai già portato in barca?

Si, e gli piacciono le barche veloci. Qualche tempo fa gli ho fatto vedere il video di Hugo Boss, di Alex Thomson, e mi ha detto, “Papà, ma è bellissima. E’ sicuramente la barca di Bat Man, e ha i foil”. Impazzisce per i foil, tanto è vero che se gli dico che esco con una barca che non li ha, mi risponde che allora non gli interessa venire con me. Ezio ora ha 3 anni e mezzo e mi rendo conto che farà parte della nuova generazione di velisti, abituati ad altre velocità e dove anche sulle barche da diporto probabilmente ci saranno i foil di default. Stiamo vivendo un cambio tecnologico pazzesco, basta vedere le barche di coppa America.

Cosa diresti ad Ezio, se diventato grande, ti dicesse che vuole fare la Mini Transat?

Semplicemente, “vai”, in maniera seria ma non seriosa. Ho scoperto di non avere la smania della vela per i miei figli, la cosa che mi interessa di più è che siano felici. Ovviamente a casa parlo di mare, leggo libri legati a questo mondo e spesso lo porto con me in barca, ma sarà lui a decidere cosa fare. Sicuramente lo aiuterei, ma gli direi anche che è un’avventura, come lo è il Cammino di Santiago de Compostela o un viaggio in Nepal, vale il concetto di avere un’esperienza significativa nella vita. Io per partecipare alla Mini Transat mi sono licenziato prima ed ho rinunciato ad una proposta prestigiosa poi. Mio padre per questo non mi ha parlato per un mese.

Da non perdere:   Come rimuovere la vernice dalla barca: guida, prodotti e consigli

Il tuo libro non descrive solo la regata e di come si prepara una campagna Mini, ma parli soprattutto delle relazioni con le persone che hai incontrato, una vera e propria comunità.

E’ la ricchezza più grande. La Mini Transat mi ha lasciato tutta una serie di esperienze sulle mani, sul fisico, nella testa e poi mi ha lasciato Federico Fornaro, Michele Zambelli, Alberto Bona (alcuni degli italiani iscritti alla regata ed. 2013. N.d.R.) e naturalmente Tommaso Stella (preparatore di Umpa Lumpa e grande amico di Andrea. N.d.R.). Questa è la vera ricchezza della regata, l’esperienza di vita che condividi con le persone che incontri. Ho sempre pensato che la Mini Transat è un’esperienza talmente grande che bisogna farne due; la prima è per l’avventura, la seconda è quella sportiva.

Sada – Gli skipper pronti per l’ultimo briefing prima della partenza.

Oggi Andrea Iacopini è più velista o marinaio?

Mi piace più il concetto di marinaio. Anche se un velista è anche un buon marinaio.

Cosa hai pensato quando hai lasciato Umpa Lumpa in Oceano?

In quei minuti, a dire la verità, niente. Anche perché ero sulla zattera di salvataggio già da qualche ora. Diverso invece è stato quando, a bordo della barca appoggio che era venuta a prendermi, ci siamo allontanati. In quel momento ho realizzato cosa stava succedendo e ho ripensato alla frase di Moitessier “io ti ho dato vento, tu mi hai dato miglia”. Io più di quello non potevo fare. Ho avuto la fortuna di vivere una Mini Transat incredibile, i ritardi della partenza, il golfo di Biscaglia impazzito da un meteo impegnativo, poi arrivato alle Canarie, rompo una crocetta, mi fermo, riparo e riparto, e per finire pure il container…(sorride). Io più di quello alla barca non potevo chiedere, e neanche a me stesso. Umpa Lumpa poi ha deciso di spiaggiarsi alle Bahamas, non male come posto, no? (Questa volta sorride con un po’ di malinconia). E poi alla fine, io so qua che parlo co tè (ora sorridiamo insieme). 

Oceano Atlantico. Umpa Lumpa

Cosa significa navigare in solitario?

Ci sono due risposte a questa domanda, una tecnica e una più profonda. La tecnica è che per navigare in solitario devi pensare sempre avanti, per anticipare qualsiasi problema, cioè controllare tutti quegli elementi che hai bordo per essere in grado di fare tutto da solo. Oggi a qualsiasi problema prendiamo il cellulare, ci colleghiamo ad internet ed abbiamo una risposta. A bordo di un Mini, no. Non hai nessuna tecnologia in supporto e quindi devi sapere cosa fare o, alla peggio, inventarti una soluzione. Per quanto riguarda l’aspetto più profondo, credo sia necessario essere preparati a stare da soli ed essere consapevoli di dover affrontare diverse situazioni spesso molto dure. E’ una prova, nulla di insuperabile. Io ad esempio non ho mai pensato “ma chi me lo ha fatto fare”, mai. E dire che di motivi per dirlo alla mia Transat ne ho avuti diversi.

Ti manca l’Oceano?

Oh sì, tantissimo. Pur avendo vissuto un’edizione complessa mi manca la regolarità dell’Oceano. Il Mediterraneo è bello per il panorama, ma l’Oceano è diverso. E’ proprio come si legge sui libri, l’Aliseo, i cumuli nembi e la barca che naviga sotto auto pilota. Io ho goduto molto di quei momenti.

Oceano Atlantico. Umpa Lumpa in navigazione.

Dopo l’ultima domanda, continuiamo ancora qualche minuto a chiacchierare ricordando quel magnifico, unico e straordinario 2013, gli aperitivi tutti insieme, casa Italia, la pizza con l’ananas da Franco a Douarnenez e la tortilla a Sada.

E’ proprio vero, certe esperienze nella vita valgono la pena di essere vissute.

Guadalupa. Relax per (da SX) Andrea, Federico, Alberto, Michele.

 

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Scritto da
Laura Doria
Laura Doria
Mi chiamo Laura Doria e sono nata al mare, quindi raccontare storie ed incontrare i personaggi del mondo della nautica è qualcosa di naturale per me. Perché è sempre un grande privilegio scrivere della passione che punta la prua verso i grandi orizzonti blu.

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