Il carico di rottura delle cime di ormeggio

Qualche giorno ci siamo imbattuti nell’interessante quesito di un utente, il quale domandava quale fosse il necessario carico di rottura delle cime di ormeggio per la sua barca. Più nello specifico, l’utente si domandava quale potesse essere il carico massimo su una cima (e quindi il carico di rottura al quale puntare) per una barca lunga poco più di 10 metri e pesante circa 6 tonnellate, in qualsiasi condizione meteo. La risposta sembra banale, ma in realtà non è così. Dare una risposta sicura a questa domanda, di fatto, è praticamente impossibile. Come sapere quale forza si trova a dover affrontare una cima, magari durante una burrasca? Ci sono tantissimi fattori da tenere in considerazione. Bisogna calcolare la potenza del vento, la sua direzione, la risacca e via dicendo. E poi, pensando al carico di rottura della singola cima di ormeggio, bisogna ovviamente pensare al suo diametro, al materiale usato, alla tipologia, all’elasticità, all’usura, alla manutenzione e via dicendo. Insomma, calcolare qual è il carico di rottura delle cime di ormeggio da usare, e individuare qual è effettivamente la portata massima delle cime che stiamo utilizzando, non sono attività facili, ed è quasi impossibile prendere in considerazione tutti i fattori.

Eppure, per il diportista, vale davvero la pena spendere qualche minuto per approfondire un po’ il discorso sul carico di rottura delle cime di ormeggio. Abbiamo già scritto una guida sulla scelta delle cime per l’ormeggio: qui vogliamo andare un po’ più in profondità, per essere sicuri di usare sempre e comunque dei cavi abbastanza forti e abbastanza resistenti.

Capire quanto deve sopportare una cima d’ormeggio
Anche il numero di cavi conta… fino a un certo punto
Tipi di cime d’ormeggio
Mai dimenticare l’elasticità
Il carico di rottura delle cime di ormeggio in base al diametro dei cavi
Il carico di rottura delle molle d’ormeggio

Capire quanto deve sopportare una cima d’ormeggio

Lo diciamo fin da subito: non esiste una formula bella e pronta per capire a quale sforzo può essere sottoposta una cima d’ormeggio. Certo, sappiamo qual è il carico di rottura delle cime di ormeggio che acquistiamo, è lo stesso produttore che, in seguito a precisi testi di laboratorio, ci comunica questa cifra. Non sappiamo però a quale tensione reale potrà poi essere effettivamente sottoposta quella stessa cima d’ormeggio una volta effettivamente utilizzata per ormeggiare la barca. In una situazione di mare calmo, con vento pressoché assente, il cavo d’ormeggio sarà praticamente a riposo, con una tensione che sarà lontanissima anni luce dal carico di rottura ufficiale.

Ma cosa succede nel momento in cui il porto viene investito da un tempesta? Qui calcolare la forza con la quale il vento e le onde tirano e spingono una barca diventa impossibile. Va peraltro detto che, in questi casi, non si deve temere solamente per la tenuta delle cime d’ormeggio. A spaventare, in questi casi, può essere anche la tenuta dei pali stessi dei pontili, i quali potrebbero essere divelti: in quel caso, il problema del carico di rottura delle cime di ormeggio non potrebbe che passare decisamente in secondo piano.

Torniamo però a noi, e supponiamo che le strutture alle quali abbiamo ormeggiato la nostra imbarcazione se ne restino immobili. Cosa influisce sulla tensione alla quale sono sottoposti i cavi d’ormeggio? Sicuramente il primo dato da prendere in considerazione – che è effettivamente quello che viene indicato dai produttori di cime d’ormeggio – è il peso totale dell’imbarcazione. A essere precisi, però, questo dato da solo non è bastante. Ipotizziamo un porto attraversato da vento forte più o meno costante: in quel caso diventerà molto importante anche la superficie di barca esposta al vento. Per calcolare il carico di rottura da ricercare nelle cime di ormeggio, quindi, si dovrebbe sì tenere in considerazione il peso della barca, ma anche la superficie di opera morta esposta al movimento d’aria. Un po’ come fanno, insomma, gli architetti, quando costruiscono grattacieli e altre strutture che possono temere l’effetto vela. Poi bisogna calcolare esattamente la direzione del vento, che può essere da prua, da poppa o altro, e c’è poi il brandeggio.

Come si vede, dunque, calcolare con precisione quale deve essere il carico di rottura della cima di ormeggio perfetta non è per nulla facile. Questo perché, va sottolineato, non ci sono da tenere in considerazioni solamente le variabili della barca: qui anche madre natura ci mette lo zampino, e si sa, quella è sempre imprevedibile.

Per questo, quando si parla di carico di rottura delle cime di ormeggio, bisogna sempre esagerare, seppur con buon senso. É bene scegliere numero di cavi, lunghezza, diametro, tipologia e materiali che possano fare molto più di quanto richiesto in situazioni normali, e di più (almeno un pochettino) di quanto richiesto in situazioni straordinarie.

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Anche il numero di cavi conta… fino a un certo punto

Va detto che, ovviamente, l’ormeggio della barca non viene assicurato con un solo e unico cavo. Al contrario: l’ormeggio viene fatto con più cavi, così da immobilizzare sicuramente la barca, ridistribuendo la tensione tra le diverse cime. Solo con un numero sufficiente di cime di ormeggio disposte nel modo corretto, e con i necessari parabordi piazzati tra la barca, la banchina e le altre barche, si può essere assolutamente sicuri. Va peraltro sottolineato che non si può concretamente affidarsi alla ‘suddivisione’ della tensione tra i vari cavi d’ormeggio utilizzati: in base alla direzione del vento, infatti, il compito potrebbe dover essere assolto da un solo cavo, il quale dovrebbe dunque vantare un carico di rottura molto alto.

In generale per un ormeggio veloce, che deve durare solo il tempo di fare rifornimento o poco più, è possibile accontentarsi di due cime, ovvero di una cima di ormeggio a poppa e un’altra a prua. Ma questo è il minimo indispensabile, e non può certo bastare in caso di una sosta prolungata. In questo caso alle due cime d’ormeggio principali è bene aggiungere i due traversini, uno a prua e uno a poppa, da disporre perpendicolarmente rispetto all’asse della barca. Per mettere del tutto in sicurezza la barca saranno poi necessari i due batticulo, ovvero i due cavi che, partendo l’uno da poppa e l’altro da prua, si direzionano nella parte opposta.

cavi per ormeggiare barca

Tipi di cime d’ormeggio e altri fattori da tenere in considerazione

La resistenza, e quindi il carico di rottura delle cime d’ormeggio, dipende anche dalla loro fattura. Tra i cavi d’ormeggio più diffusi ci sono senza ombra di dubbio le cime a tre legnoli, le quali si distinguono per il costo contenuto nonché per un carico di rottura non particolarmente alto, ma nemmeno basso, va detto: per avere una portata alta, dunque, nel caso dei cavi a tre legnoli è necessario aumentare il diametro. Ci sono poi i cavi più complessi, ovvero i cavi a doppia treccia e square line, più morbidi, più pratici per lo stivaggio, i quali hanno generalmente un carico di rottura maggiore, che va di pari passo a un prezzo più alto.

A definire il carico di rottura delle cime d’ormeggio non è però solamente la loro tipologia: qui sotto vedremo come e quanto influiscono lo spessore e il materiale. Ma c’è dell’altro. Una buona cima da utilizzare per l’ormeggio della barca deve avere un occhio impiombato da una parte – da proporzionare in base alla bitta intorno al quale viene usato – e un’impalmatura dall’altra parte. Ci sono altri accorgimenti da prendere in base alla tipologia di banchina con la quale si ha a che fare: chi si trova a ormeggiare in porti che presentano parti in cemento o in pietra a diretto contatto con i cavi, per esempio, dovrebbe utilizzare uno spezzone di catena come tratto finale.

Da non perdere:   Come tracciare una Rotta Nautica

Mai dimenticare l’elasticità

Il compito di una cima d’ormeggio è quello di resistere ai ‘tironi’ assestati dalla barca in conseguenza al vento e al moto ondoso. Ma non è tutto qui: i cavi di ormeggio devono essere in grado di proteggere la barca dagli scossoni. Immagina per esempio che la barca sia fissata alla banchina non con una cima, ma con una catena tesa. Alla prima ondata, con il tendersi subitaneo della catena, la barca non potrebbe che subire uno strattone formidabile, e alla lunga – neanche troppo, potrebbe bastare un colpo ben assestato – questo fenomeno potrebbe portare a danni consistenti. Per eliminare a monte questo problema si usano per l’appunto non delle catene e dei cavi rigidi, quando invece delle cime d’ormeggio, le quali hanno un minimo d’elasticità: questa capacità di ‘allungarsi’ leggermente, oltre ad aumentare il carico di rottura, protegge la barca: le sollecitazioni indotte dal moto ondoso e dal vento vengono infatti in gran parte assorbite dalle cime di ormeggio, e non dalla barca.

Attenzione, però: per essere effettivamente elastico, un cavo non deve limitarsi ad allungarsi sotto tensione. No: nel momento in cui la tensione termina, quello stesso cavo deve ritornare alle sue dimensioni originali, cosa che non succede nel momento in cui un cavo viene sovraccaricato.

Una buona cima d’ormeggio, quindi, deve essere sufficientemente elastica. Questo dipende da due fattori: da una parte, la tipologia del cavo, con le cime a 3 o a 8 legnoli che sono ovviamente più elastiche di una cima standard; dall’altra parte, il materiale della cima. Il materiale che spicca tra tutti quanto a elasticità è il nylon, che può allungarsi oltre il 30%; il poliestere si allunga di circa il 15%. Materiali con tassi di allungamento minori non possono essere utilizzati come cime d’ormeggio, ed è proprio per questo motivo che non si deve mai e poi mai affidarsi alle vecchie cime e alle vecchie drizze riciclate per assicurare la barca alla banchina, un errore purtroppo molto diffuso.

Ci sono dei sistemi, va detto, che permettono di rendere più elastica una cima d’ormeggio, così da salvaguardare sia il cavo che la barca. Parliamo ovviamente dei dissipatori, i quali esistono sia nella versione a molla che in quella in gomma. Il dissipatore viene usato non solo per proteggere barca e cavi, ma anche per assicurare maggiore comfort a chi abita la barca ormeggiata, che avrà meno movimenti bruschi. Indubbiamente, se con il dissipatore si cerca una maggiore comodità durante la notte, sarà sicuramente il caso di affidarsi a dei dissipatori in gomma o a delle molle d’ormeggio silenziate, che per l’appunto eliminano a monte il fastidioso cigolio metallico, in grado di tener desta un’intera banchina!

Il carico di rottura delle cime di ormeggio in base al diametro dei cavi

E veniamo al rapporto tra diametro delle cime di ormeggio e relativo carico di rottura. Senza ombra di dubbio avrai già letto qui e lì qualche tabella che stabilisce il diametro minimo del cavo per l’ormeggio in base al peso della barca. Di solito si parla, per esempio, di una cima a tre legnoli del diametro da 8 millimetri per una barca da 800 chilogrammi, da 10 millimetri per una barca da 1 tonnellata, da 12 millimetri per 2 tonnellate, da 14 millimetri per 3 tonnellate e, procedendo di questo passo, da 20 millimetri per una barca da 12 tonnellate. I valori sono solitamente i medesimi per le cime square line, mentre per una cima standard si dovranno sempre aggiungere circa due millimetri.

Queste tabelle, però, vanno bene solo per farsi un’idea. In realtà, come abbiamo visto sopra, i fattori da prendere in considerazione sono sempre di più. Il primo fattore dovrebbe sempre essere quello meteorologico: nel dubbio, non potendo prevedere quale saranno le condizioni dei porti da qui a vent’anni, meglio pensare alla peggiore burrasca possibile, e agire di conseguenza. Poi bisogna pensare velocemente alla superficie dell’opera morta esposta al vento: un cabinato, per esempio, avrà bisogno di un carico di rottura maggiore.

Non si deve poi scordare, come abbiamo già detto, il materiale del cavo d’ormeggio che si vorrà utilizzare. Una barca lunga 12 metri e pesante 5 tonnellate, per esempio, dovrà avere una cima di ormeggio in nylon di 14 millimetri, di 16 in caso di altri fattori ‘impattanti’. In caso di cavo in poliestere, senza ombra di dubbio, ci si dovrà invece rivolgere su un cavo di minimo 16 millimetri, per passare eventualmente ai 18 millimetri. E nel dubbio, sempre meglio scegliere per un cavo di 2 millimetri in più: un vecchio detto marinaresco ci dice che le cime d’ormeggio di prua e di poppa dovrebbero essere in grado di sostenere l’intero peso della barca senza alcun problema. Non ti fideresti ad appendere la tua preziosa barca alle tue cime d’ormeggio? Questo vuol dire che il loro carico di rottura è minore al dislocamento della barca, il che non è certo una buona idea!

Il carico di rottura delle molle d’ormeggio

Per avere la certezza di ormeggiare in modo sicuro la propria barca non basta controllare il carico di rottura delle molle d’ormeggio. Per evitare strattoni alla barca e per rendere più confortevoli le notti a bordo è infatti molto comune utilizzare delle molle d’ormeggio, ovvero degli ammortizzatori che tolgono un po’ di stress sia alle cime d’ormeggio che agli attacchi stessi della barca, andando a rendere meno violenti gli strattoni tipici del mare mosso. Ma attenzione, anche le molle d’ormeggio hanno dei carichi di rottura da non sottovalutare. Si pensi per esempio alla molla d’ormeggio in acciaio inox e silenziata di Douglas Marine: il modello da 5 millimetri presenta una molla con diametro di 57 millimetri, ed è pensato in genere per barche da 6 metri, con un carico di rottura di 1.370 chilogrammi; lo stesso modello, ma con filo da 12 millimetri e diametro della molla di 91 millimetri, è pensato invece per barche da 16 metri, e presenta un carico di rottura fissato a 6.200 chilogrammi. Come si capisce, quindi, le molle d’ormeggio possono essere molto diverse: scegli con cura le tue!

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.
  1. Salve,
    esiste una formula per calcolare, in base al peso dell’imbarcazione, a quanto peso viene sottoposta una molla di Ormeggio o cima?
    Vorrei acquistare una molla o ammortizzatore adeguato per la mia barca da 120 t, e gradirei capire come si calcola il carico a cui andranno sottoposti questi accessori in base al mio peso.
    Ringrazio anticipatamente
    Vittorio

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