Storia delle antivegetative: ecco come si è arrivati alle migliori soluzioni

Quello della nautica è un mondo pieno di soluzioni uniche ed eccezionali. Per solcare i mari, infatti, l’uomo ha dovuto inventare e mettere a punto un’enorme quantità di strumenti e di tecnologie, le quali tutte insieme ci hanno permesso e ci permettono tutt’oggi di lasciare la terraferma e navigare in assoluta sicurezza. I problemi che gli antichi hanno dovuto affrontare per portare delle barche in mare, per seguire determinate rotte e per resistere alle molteplici minacce devono essere sembrati a volte insuperabili. Pensiamo per esempio alla carena delle barche: questa doveva essere stagna, doveva essere resistente, e doveva permettere una navigazione abbastanza veloce. Ma non era tutto qui: doveva anche restare liscia e sana, senza essere aggredita, rallentata e danneggiata dai microrganismi che vivono in acqua. Per questo è iniziata quella che, oggi, possiamo chiamare “storia delle antivegetative”, ovvero il lungo percorso che ha portato alle soluzioni moderne anti-fouling. Vediamo le tappe più importanti di questo percorso!

Cosa sono le antivegetative

Che cosa sono le antivegetative? Prima di guardare la storia di questo elemento, vediamo come si configura attualmente. Le vernici antivegetative sono dei rivestimenti che hanno uno scopo preciso, ovvero quello di prevenire la crescita di biofouling – di organismi marini – sull’opera viva della barca. Come raggiungono questo obiettivo tali vernici? Nella maggior parte dei casi, la vernice per barche antivegetativa rilascia delle sostanze biocide, come l’ossido di rame (un tempo si usava come vedremo lo stagno, che oggi è stato messo al bando). La classica vernice antivegetativa è composta ossido di rame, resina, solvente e pigmento. Ma come si è arrivati a questa soluzione?

Le soluzioni per proteggere la carena nell’antichità

La storia delle soluzioni antivegetative inizia più di 2.000 anni fa. Sappiamo che uno dei primi problemi dei navigatori antichi è stato quello di rendere gli scafi impermeabili, usando del bitume. Superato questo scoglio, però, i naviganti si resero conto di avere un altro problema, legato agli organismi che andavano incrostando le carene. Tale ostacolo, da un certo punto di vista, era persino peggiore di quello odierno: i tempi di sosta in acqua erano lunghissimi, e le velocità di navigazione estremamente basse. Non stupisce che nell’antichità molte culture associassero i microrganismi che rallentavano e perfino fermavano gli scafi al risultato di una volontà demoniaca.

Che soluzioni si presero in tal senso? Da un papiro del 5° secolo a.C. sappiamo per esempio che gli scafi venivano protetti con una mistura di arsenico e di zolfo. I greci, da parte loro, nel 3° secolo a.C. usavano un mix di cera e di catrame. Nonostante questi espedienti, sappiamo che la pulizia della sporcizia che si depositava sugli scafi era un’attività regolare, come ci viene attestato da Plutarco più tardi, nel 1° secolo a.C. Per secoli vennero adottate e migliorate le tecniche greche. Per proteggere gli scafi dai molluschi terenidi, conosciuti non a caso come “foranavi”, i navigatori giunsero per esempio a proteggere lo scafo con delle lastre sottili di piombo, espediente che risultò a lungo piuttosto efficace e diffuso.

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Tra Medioevo e modernità

Il piombo, per quanto sottile, non era però leggero. Ecco allora che in Cina, nel 14° dopo Cristo, si sostituì il piombo con una mescola di oli velenosi e di calce, per fermare sia i vermi che gli altri biorganismi. Sappiamo inoltre che Colombo, per le sue spedizioni, impartiva ordini per ricoprire l’opera viva delle caravelle con del grasso animale mescolato a del catrame. Questo a quanto pare non era però sufficiente per assicurare a lungo una carena liscia, tanto che periodicamente i velieri dovevano essere alati e inclinati per essere puliti e nuovamente protetti dal mix.

La storia delle antivegetative

Qualcosa di più simile alle moderne antivegetative fece la sua comparsa nel 16° secolo. All’inizio del secolo i metodi diffusi erano due, ovvero una protezione a base di zolfo e di arsenico e una copertura con guaina di rame. Nel 1625 iniziò la svolta, con il brevetto, da parte di William Beale, di una vernice a base di ferro, rame e cemento. Un ulteriore passo avanti venne fatto mezzo secolo dopo, con la vernice a base di catrame, cera d’api e resina di Philip Howard e Frances Watson. Da quel momento i brevetti per delle nuove vernici antivegetative si moltiplicarono, per arrivare all’esplosione dell’800, con centinaia e centinaia di brevetti depositati. La sfida era peraltro doppia, partendo dal presupposto che gli scafi di legno andavano lasciando il passo ai colleghi di ferro, con nuove peculiarità ed esigenze. Dopo anni di studio, si arrivò, a metà del Novecento, alla vernice antivegetativa a contatto, per arrivare alle antivegetative odierne. E, come è noto, la storia delle vernici antivegetative continua: si parla sempre di più di vernici antivegetative atossiche, come anche di soluzioni totalmente differenti, come per esempio delle pellicole in silicone.

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.

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