La multa per chi usa il DSC, spiegata

Intorno alla Radio VHF marino c’è, da sempre, parecchia burocrazia. Certo, il VHF marino è uno strumento prezioso, che ci permette, una volta in barca, di comunicare in modo pratico e veloce con la Guarda Costiera, con i porti e con gli altri diportisti in mare. E, soprattutto, in caso di emergenza ci dà l’opportunità di richiedere il soccorso nel modo più efficace e veloce possibile. Insomma, si tratta di un accessorio fondamentale – tanto è vero che, per la maggior parte dei diportisti, si tratta di un vero e proprio obbligo per legge – che però assicura un po’ a tutti anche un bel po’ di grattacapi. Non per l’acquisto, si intende: acquistare un VHF fisso o mobile è tutt’altro che difficile o complesso, è sufficiente pensare bene quali sono le proprie esigenze e qual è il proprio budget per selezionare velocemente l’apparecchio giusto per la propria barca. E ancora, ad angustiare il diportista non è certo l’utilizzo del VHF marino, il quale anzi è piuttosto semplice e intuitivo. I grattacapi arrivano infatti dalle tante regole che circondano questo apparecchio nautico elettronico, tanto più che, con il progredire di questo accessorio, aumentano proporzionalmente anche le norme. L’ultima regola, come probabilmente sai già, è quella legata all’uso del DSC, e quindi del tasto Distress che si trova sulla maggior parte dei nuovi VHF marini.

Si tratta di una regola molto discussa, che – in estrema sintesi – dice che non è possibile usare questo prezioso segnale d’emergenza senza essere in possesso di un certificato specifico, il quale, come vedremo, è tutto fuorché a portata di mano (per la maggio parte dei diportisti). A questo si aggiunge poi il fatto che, per un po’ di tempo, si è ipotizzato di rendere il DSC obbligatorio, rischiando un vero burnout nel campo della normativa nautica. Ma come stanno veramente le cose? Chi può usare il DSC, e chi invece rischia la multa? E ancora, come è possibile entrare in possesso del certificato apposito, così da non rischiare nessuna sanzione?

Le regole per usare il VHF marino, ancora prima del DSC

Prima di concentrarci sul tasto Distress e quindi sul DSC, è il caso di ripassare qualche regoletta generale che riguarda il VHF marino. Per prima cosa va sottolineato il fatto che la radio VHF è obbligatoria per legge per tutte le barche che navigano oltre le 6 miglia dalla costa, così come specificato dal Codice della Nautica. Questo significa che le barche che oltrepassano quella soglia sono obbligate ad avere a bordo questo apparecchio, sia questo un VHF fisso o portatile.

Ma le regole di certo non si esauriscono qui. Se infatti esiste un obbligo di possedere una radio VHF in barca, esiste anche un divieto di utilizzare questo strumento senza essere in possesso di una Licenza di esercizio Rtf, e quindi di un’apposita licenza rilasciata da Ministero delle Comunicazioni. Questa licenza è stata resa obbligatoria perché, di fatto, una radio VHF è sotto tutti i punti di vista una vera e propria emittente radio, una stazione come lo potevano essere le radio libere di un tempo o, seppur in altri termini, gli stessi emittenti radiofonici odierni. A confermarlo c’è il fatto che ogni Radio VHF è riconoscibile attraverso un preciso e univoco Nominativo internazionale, il quale per l’appunto identifica ogni singolo apparecchio. Questo significa quindi che i diportisti sono obbligati a possedere una radio VHF e una Licenza Rtf (la quale, non va dimenticato, non abbisogna di alcun corso o esame: è sufficiente farne richiesta e conservare il documento).

Gli obblighi non finiscono però qui. Oltre alla licenza RTF, per usare una Radio VHF, è necessario essere abilitati come operatori radiotelefonisti. In altre parole, a bordo della barca ci deve essere sempre almeno una persona in possesso del Certificato di operatore per l’utilizzo del VHF. Anche questo viene rilasciato dal Ministero delle Comunicazioni senza sostenere alcun esame.

Le licenze necessarie per usare la radio VHF in barca (lasciando momentaneamente da parte la questione del DSC) sono due. Oltre a questi documenti necessari, il diportista che usa questo apparecchio deve osservare altre piccole e semplici regole, che di fatto sono dettate, ancor prima che da codici, da buonsenso. La prima e più importante regola è quella di mantenere la radio VHF sintonizzata, sempre e comunque in navigazione salvo diverso utilizzo, sul canale 16. Questo è infatti il canale dedicato all’emergenza, che deve essere lasciato sempre libero (purtroppo, come è noto, questo canale viene invece talvolta utilizzato per comunicazioni che nulla hanno a che fare con l’emergenza). Questa norma, alla quale si aggiunge la distinzione tra mayday, il mayday relais, il pan e il securitè,  è la prima e più importante regola per l’utilizzo della radio VHF in caso di emergenza. Il diportista, poi, dovrebbe sempre ricordarsi di modulare la potenza del proprio VHF fisso in base alla comunicazione che si desidera fare. A che pro usare la potenza massima di 25 Watt per comunicare con una barca vicina? Così facendo si disturbano potenzialmente tantissime barche (nel raggio di circa 10 miglia) e si spreca energia. Meglio, in questi casi, settare la potenza su 1 watt.

Riepilogate queste veloci regolette, è possibile passare alla questione del DSC. Chi si ricorda di cosa si tratta, nel dettaglio?

Cos’è il DSC e a cosa serve il tasto Distress

Un tasto rosso, spesso coperto da un piccolo sportellino che si apre a scatto, recante la scritta ‘distress’ che in inglese significa ‘emergenza, pericolo, bisogno di aiuto’. Premendo quel tasto si usa il DSC (acronimo di Digital Selective Calling), ovvero un particolare segnale di emergenza che ci permette di lanciare, in poco tempo, una richiesta di soccorso automatica e completa. Ma come funziona? Ebbene, per capire per bene cos’è il DSC bisogna fare un passettino indietro, e dedicare qualche secondo all’MMSI, ovvero al Marittime Mobile Service Identities, il quale di fatto designa un codice di 9 cifre che prende il posto del nominativo internazionale di ogni singola radio (ne abbiamo parlato sopra). L’MMSI, parte fondamentale del sistema GMDSS, permette di identificare in modo unifico – e da remoto – tutti gli apparecchi abilitati, e quindi per l’appunto le radio VHF marine dotate di funzionalità DSC, nonché altri apparecchi come i trasponder AIS.

Questo significa che, nel momento stesso in cui una stazione emette un segnale, l’MMSI permette di identificare immediatamente la radio che sta trasmettendo (oltre alle coordinate geografiche e via dicendo). L’MMSI è quindi fondamentale in caso di soccorso in mare, ma lo è parimenti anche per andare eventualmente a sanzionare un diportista che utilizza il DSC in modo inadatto (nel caso in cui, per esempio, non ci sia una vera emergenza). È utile sapere che il codice MMSI viene rilasciato per qualsiasi tipo di barca, natanti compresi, dall’Ispettorato Regionale del Ministero dello Sviluppo Economico.

Il tasto Distress, attraverso il servizio DSC, permette quindi di trasmettere in automatico, in formato digitale, tutta una serie di dati. Si parla quindi del codice MMSI, delle coordinate geografiche in cui si trova la barca in difficoltà, del tipo di barca, del tipo di richiesta, dell’orario, di eventuale messaggio vocale e via dicendo. Questa comunicazione viene effettuata sul canale 70, il quale infatti è dedicato esclusivamente a questo genere di comunicazione.

Non ci sono dubbi: la funzionalità DSC è oggettivamente preziosa, e aumenta in modo concreto la possibilità di fronteggiare in modo efficace e urgente una emergenza in mare. Questo perché la comunicazione dell’emergenza viene fatta in fretta, in modo automatico, riducendo al minimo non solo il tempo necessario per lanciare l’SOS, ma anche le incomprensioni che potrebbero nascere in seguito a una comunicazione confusa effettuata dal diportista in difficoltà, il quale potrebbe essere travolto dal panico e quindi fornire informazioni in modo poco comprensibile o comunque confuso.

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Può dunque essere utile vedere nello specifico quali sono le differenze tra la funzionalità DSC e il classico canale 16 che, come abbiamo visto sopra, è riservato alle comunicazioni d’emergenza.

Le differenza tra il canale 16 e la funzione DSC

Prima dell’avvento del DSC non c’erano dubbi sul canale da usare in caso di emergenza. Si parla ovviamente del già citato canale 16, dove vengono annunciati gli avvisi ai naviganti, i bollettini meteorologici e, per l’appunto, le richieste di soccorso – è necessario ricordare sempre di mantenere il silenzio radio in tutti i primi 3 minuti di ogni mezzora, per essere certi di non oscurare eventuali richieste d’emergenza.

Per effettuare una chiamata di soccorso in barca utilizzando il canale 16  è per prima cosa necessario verificare la posizione esatta dell’imbarcazione, nonché l’orario. Con questi dati in mente si può quindi selezionare il canale 16 – è possibile farlo con un solo gesto premendo l’apposito pulsante rosso – e quindi, una volta accertato di aver aumentato al massimo la potenza per diffondere il più possibile il proprio messaggio (settando dunque il VHF marino u 25 watt) e dopo aver regolato lo squelch, trasmettere la chiamata. Nel caso in cui l’emergenza metta in pericolo la vita umana, sarà necessario usare la formula Mayday, e quindi aprire il proprio messaggio ripetendo tre volte le parole ‘medé, medé, medé’, per poi ripetere la chiamata ogni due minuti fino a quando non si avranno riscontri da altre barche o da capitanerie. Nel momento in cui si entra in contatto con qualcuno, si deve ripetere nuovamente ‘medé’ senza ripetizioni e, finalmente, comunicare brevemente tutte le informazioni necessarie per ricevere soccorso: posizione della nave, direzione, eventuale velocità, numero di persone a bordo, tipo di emergenza e altre informazioni utili.

Il tasto Distress permette una gestione molto più veloce dell’emergenza. Per usare il DSC è infatti sufficiente premere il tasto Distress per 5 secondi (dopo aver alzato lo sportellino protettivo). Lo schermo della radio VHF mostrerà un conto alla rovescia, durante il quale è necessario mantenere il tasto premuto (in caso contrario la chiamata verrà annullata). Se il VHF marino è stato impostato efficacemente, verranno trasmesse automaticamente le coordinate geografiche e l’ora della chiamata; diversamente, sarà necessario inserire manualmente questi dati. A questo punto, si dovrà premere nuovamente il tasto Distress, per altri 2 secondi, per visualizzare sullo schermo le informazioni che verranno trasmesse; per confermarle e per inviare il segnale, basterà premere il pulsante rosso per altri 5 secondi. Come si vede, quindi, in una manciata di secondi con il DSC è possibile inviare la propria domanda di soccorso, così da potersi concentrare su altre operazioni fondamentali per la salvaguardia della propria vita e di quella dei passeggeri.

Il problema, però, è che non basta avere una radio VHF con il tasto Distress per poter usare il DSC. No: per come stanno adesso le cose, per poter utilizzare questa modalità è necessario aver sostenuto e aver superato un apposito esame. Ovviamente, come consigliano del resto degli esperti del settore, in caso di emergenza reale è decisamente il caso di usare il DSC a prescindere dalla multa: non deve certo essere la minaccia di una sanzione pecuniaria a rendere ancora più difficile una situazione già di per sé drammatica.

Ma come si fa a evitare la multa per l’uso del DSC?

Multa DSC distress

Usare il tasto DSC: il certificato SRC

Evitare la multa per aver utilizzato il tasto Distress della propria Radio VHF non è certo impossibile. Non è però scontato o particolarmente facile . In primo luogo – e qui basta il buonsenso – è obbligatorio usare questo tasto solo in caso di reale emergenza. In secondo luogo, è necessario ottenere il certificato SRC (Short Range Certificate), ovvero la licenza richiesta sulle imbarcazioni NON SOLAS che operano solo all’interno della GMDSS Sea Area A1 per poter usare un apparato DSC. Esistono altre tre certificazioni valide (GOC, ROC e LRC) le quali però sono più complesse e in ogni caso superflue per un diportista, il quale è tenuto ad avere solo il certificato SRC.

L’esame per il DSC della Radio VHF

Il problema, però, è che l’unica strada ufficialeper ricevere il citato certificato SRC quella di fare l’apposito esame a Roma, presso l’apposita Commissione esami istituita dal Ministro dello Sviluppo Economico. E sta proprio qui il problema: se per poter usare il DSC bastasse sostenere un piccolo esame presso una qualsiasi Capitaneria di porto, le lamentele sarebbero state sicuramente minori. La maggior parte dei diportisti, invece, non ha assolutamente nessuna voglia di andare fino a Roma per fare un esame per l’ottenimento di un certificato indispensabile per schiacciare un pulsante il quale, per quanto importante, resta pur sempre un pulsante con delle regole di utilizzo piuttosto semplici. Non esistono però delle altre sedi per effettuare l’esame, non esistevano nell’agosto 2019, quando abbiamo scritto questo articolo, e non esistono nemmeno oggi, nel 2021, nel momento in cui siamo tornati ad aggiornare questo testo.

Cosa fare quindi? Ebbene, in linea di massima non è certo sbagliato dire che, in caso di reale emergenza in mare, di fronte alla possibilità di rendere più veloci i soccorsi, sarà sempre e comunque consigliabile utilizzare il tasto distress, fregandosene quindi della multa. La sicurezza propria, dei propri cari e di altri passeggeri vale certamente molto di più di una multa per una trasgressione figlia di una stortura diplomatica.

Esiste, va detto, una scappatoia, non prevista dalla legge italiana, ma nemmeno osteggiata. In effetti, questa via ‘aggira’ quanto affermato dal legislatore: senza andare fino a Roma – per chi abita lontano dalla capitale – è infatti possibile contattare ricercare un centro più vicino a casa che organizzi gli esami per il conseguimento dell’SRC inglese, il quale può essere rilasciato ovunque – non solo a Londra, per dire – ed è valido anche per le barche che battono bandiera italiana. Sarà comunque necessario frequentare un corso teorico e quindi pagare per essere ammessi all’esame, sborsando come minimo, in genere, 130-150 euro.

Insomma, in tutti i casi, per poter usare il DSC senza temere sanzioni occorre disturbarsi almeno un po’. Da un certo punto di vista, però, ne vale la pena, per rendere la chiamata di soccorso immediata ed efficace. Non è certo un caso se, per alcuni mesi, si era ipotizzato di rendere le radio VHF con tasto Distress obbligatorie per la maggior parte delle imbarcazioni, salvo fare dietrofront a causa delle lamentele provenienti dal mondo dei diportisti. In molti, infatti, non avevano alcuna voglia di sostituire la propria radio VHF  – acquistata magari da pochi anni  – con una apparecchio dotato di tasto Distress. Oggi giorno, però, praticamente tutte le radio VHF in commercio sono dotate di questa funzione (anche nel caso di migliori VHF portatili) : non ci resta che aspettare che i canali ufficiali e formali per ricevere il certificato SRC italiano diventino via via meno complicati a livello burocratico!

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.
  1. E’ possibile sostenere l’esame anche in Francia, in varie sedi, iscrivendosi presso l’ANFR (Agence Nationale des FRéquences) e preparandosi studiando una agile dispensa disponibile sul sito. Una delle sedi si trova vicino a Nizza, costa azzurra.

  2. Salve, ma è possibile comprare un apparecchio con la funzione distress pur non avendo l’abilitazione con l’esame cioè il certificato SRC ed avere quindi i soli due certificati richiesti senza esame, e laddove malauguratamente dovesse essere usato il DISTRESS si ha la consapevolezza di prendere la multa?

  3. Il Belpaese, sempre ridicolo e anacronistico! Speriamo che il nuovo Ministro dello Sviluppo Economico si renda conto che questa assurda e anacronistica norma equivale a non poter usare un defibrillatore automatico in caso di arresto cardiaco o fibrillazione ventricolare…. Insomma… SVEGLIAMOCI e proviamo a deburocratizzare, modificando norme assurde ridicole e fuori dal tempo! Peraltro… vorrei vedere chi, utilizzando il distress in caso di reale emergenza sia davvero disponibile a pagare la sanzione senza ricorrere a tutte le Magistrature possibili! Salvare delle vite umane in emergenza non può mai essere considerata una condizione che implichi il possesso di qualsivoglia abilitazione! Ministro, si dia una mossa…. PROVVEDA!!!

  4. Buongiorno, articolo ben redatto, vorrei solo far notare che lo MMSI viene rilasciato dalla concessionaria radio, a differenza dell’indicativo internazionale che viene rilasciato dalla Capitaneria di porto i tre minuti di silenzio sono obbligatori solo in MfHf e non su Vhf, grazie

    • Ciao Marco!
      Grazie per la precisazione.
      Come riporta anche l’autorevole manuale “il Frangente, riportiamo quanto scritto:
      “Il Canale 16 VHF è quello sul quale iniziano tutte le comunicazioni e
      sul quale si dovrebbe continuativamente fare ascolto.
      Al fine di non ostacolare (coprire) eventuali comunicazioni di soccorso
      o urgenza, si deve rispettare il silenzio radio di tre minuti dopo
      ogni mezz’ora (es. dalle 11.00 alle 11.03, dalle 11.30 alle 11.33 eccetera).
      Questi intervalli sono adeguatamente evidenziati sugli orologi
      nautici, con zone di colore diverso.”
      Speriamo di esserti stati d’aiuto, a presto Team HiNelson

    • Confermo, io lo sto facendo oggi on-line.
      E comunque anche lo Short Range non è così semplice come viene descritto.
      Si devono imparare tante nozioni, ma quello che è più complicato è ricordarsi le chiamate in DSC e le seguenti uscite in fonia per ogni situazione di pericolo/emergenza/routine.
      C’è poi una prima parte dell’esame in inglese, che spesso viene usato anche durante l’interrogazione che dura una mezz’ora in tutto.
      Non è banale l’esame, è superabile, ma non lo regala il Ministero.

  5. Buongiorno, articolo interessante ed abbastanza esaustivo.
    Quindi la solo installazione dell’apparato dotato di distress di per se non è condizione per essere sanzionati … giusto?
    Cerco di spiegarmi meglio: è l’utilizzo del tasto “distress” che, in assenza di licenza, viene sanzionato. Non l’utilizzo come radio “normale” giusto? Ho trovato a bordo della barca che ho acquistato una radio con questo tasto. Posso tranquillamente utilizzarla giusto?

    • Buongiorno Gennaro,
      è esatto quello che dici tu: il possesso di un apparato dotato di distress a bordo non è condizione che porta alla multa. La sanzione può essere fatta nel momento in cui il tasto distress del DSC viene utilizzato in una situazione che non lo richiede, o quando viene utilizzato da qualcuno che non ha precedentemente conseguito l’apposito Short Range Certificate.

    • Buongiorno Leopoldo, grazie a te per averci scritto. Sappiamo quanta confusione ci sia – e sia stata fatta – sull’argomento, e ci tenevamo quindi a fare un po’ di chiarezza.

  6. Un tema importante è quello dell’uso dei portatili. Sappiamo bene che molti istruttori di vela e giudici di regata, ma anche semplici diportisti hanno il proprio vhf portatile e lo usano indipendentemente dell’imbarcazione su cui stanno navigando (spesso gommoni di supporto,

  7. [… continua], imbarcazioni della scuola, tender, barche giuria…) Questa cosa in molti casi contribuisce alla sicurezza della navigazione. In alcuni casi ha anche consentito interventi di salvataggio di altre imbarcazioni in difficolta. Eppure tutto ciò ufficialmente è vietato! Ed essendo vietato avere una licenza di esercizio indipendente da una imbarcazione… all’italiana il problema è risolto evitando di chiedere la licenza! E così ci sono in giro migliaia di vhf portatili senza licenza, allegramente usati da operatori senza certificato limitato (spesso senza avere nozioni su come si usa un apparato radio)! È urgente che il Ministero affronti la questione, regolamentando (mi auguro in modo agile e chiaro) la situazione. Credo che la cosa più semplice sarebbe quella di legare la licenza (e l’assegnazione del codice MMSI) alla persona, e non all’imbarcazione. Questo responsabilizzerebbe l’operatore e al tempo stesso renderebbe legale ciò che è oggi una usanza comune che contribuisce alla sicurezza della navigazione.

    • Buongiorno Stefano, di certo hai sollevato una questione importante, che già tante volte è stata sollevata. Risulta essere utile in questo caso, per quanto riguarda la navigazione temporanea, ricordare quanto riportato dall’articolo 22 del DECRETO 29 luglio 2008 , n. 146, ovvero che “L’ispettorato territoriale del Ministero dello sviluppo economico assegna un indicativo di chiamata di identificazione, valido indipendentemente dall’unita’ su cui l’apparato e’ installato, costituito dal nome del titolare dell’autorizzazione seguito dalla sigla dell’ufficio che ha rilasciato l’autorizzazione e dal numero progressivo dell’autorizzazione”

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