Cime nautiche, come prolungare la loro durata nel tempo

Come è possibile ritardare nel tempo il momento della sostituzione delle cime di ormeggio, delle drizze e degli altri cavi marini che popolano le nostre barche? Anche le cime nautiche hanno bisogno di precise operazioni di manutenzione, nonché di un comportamento corretto e rispettoso, ed è proprio di questo che parleremo in questo articolo.

L’usura delle cime nautiche

Sono tanti, tantissimi i fattori che giorno dopo giorno minano la salute delle cime di ormeggio e di tutte le altre cime nautiche.

Prima di andare a fronteggiarli uno dopo l’altro, però, è fondamentale capire qual è la funzione concreta della cima, e quali sono i suoi limiti meccanici. Come è noto, non tutte le cime presenti sulla barca hanno le medesime caratteristiche: alcune sono più rigide, altre sono più lunghe, altre ancora hanno un diametro maggiore.

A differenziarle le cime nautiche sopra ad ogni altra cosa, però, è la combinazione della loro portata massima e della loro elasticità, e questo non ci può assolutamente stupire: stiamo parlando infatti di strumenti pensati per lavorare in trazione, e che quindi, usciti di fabbrica, portano con sé una chiara dichiarazione del loro carico massimo di utilizzo e del carico massimo di rottura (il quale corrisponde al quintuplo del carico massimo di utilizzo).

Ne consegue che il primo fattore che determina una precoce usura di un cavo è il suo errato utilizzo: una drizza non dovrà mai essere utilizzata come una cima di ormeggio, e non dovrà mai essere utilizzata nemmeno per il calumo dell’ancora, in quanto non potrà garantire un risultato ottimale e si rovinerà in fretta.

Come prolungare la vita delle cime nautiche

  • Controllare periodicamente lo stato della cima: una cima che si presenta sbiadita è una cima che si avvicina inesorabilmente al momento del pensionamento. Lo stesso si può dire a proposito di un cavo con una diffusa peluria – facilmente riscontrabile fissando la corda controluce. Altri campanelli d’allarme sono costituiti dalla immobilità dei legnoli, nonché dalla rigidità complessiva della corda, la quale non si lascia maneggiare né annodare con facilità. In questi ultimi casi l’eccessivo surriscaldamento della cima è evidente, condizione che ha compromesso in buona parte le sue fondamentali proprietà meccaniche.
  • Evitare i nodi e le cocche: da anni è noto che un solo nodo su una cima finisce per compromettere in modo estremamente grave la sua capacità di carico. Si parla, infatti, di una riduzione pari al 40%, la quale mette dunque a dura prova la corda. Nonostante ciò, nei nostri porti si continuano a vedere dei nodi laddove invece sarebbero molto più indicate delle impiombature. Anche i giri, o meglio, le cocche che accidentalmente si fanno al cavo durante le manovre di bordo possono diminuire la sua resistenza, ed è per questo motivo che l’equipaggio deve prestare particolare attenzione non solo all’uso, ma anche alla raccolta del cavo (le cime da ormeggio a tre legnoli, per esempio, devono essere colte in senso orario, cioè in senso opposto alla loro torsione di fabbrica).
  • Ridurre, per quanto possibile, l’esposizione al sole: i raggi ultravioletti e le alte temperature sono nemici delle fibre con cui sono realizzati i cavi marini, e lo sono particolarmente per materiali particolari come il Kevlar. Dove e quando è possibile, dunque, le cime devono essere poste all’ombra.
  • Lavare le cime: le fibre delle cime, a lungo andare, vengono danneggiate dal sale marino. Per questo motivo, di tanto in tanto, si rende necessario lavare le corde con acqua dolce.
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Utilizzare le pulegge giuste: le cime possono essere minacciate anche dalle pulegge montate sulla nostra barca. Delle pulegge troppo piccole, per esempio, possono velocizzare il deterioramento dei cavi.

Meglio dunque puntare su delle pulegge più grandi, con un diametro che sia almeno sette volte più grande di quello della cima.

Non è tutto qui: anche il canale in cui scorre il cavo deve essere adatto, con una dimensione sufficiente a far correre la cima senza rischio di scarrucolamento (in linea di massima, dunque, una gola con una larghezza pari al 110% del diametro della cima è sufficiente).

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